Dialogo con Franco Gallerini, Presidente del Consiglio Comunale di Poggibonsi, su Elly Schlein e "il ritorno della sinistra"

Dialogo avvenuto in una chat di sostenitori della mozione di Elly Schlein al congresso PD. Franco Gallerini 5.3.22 :Improvvisamente è tornata la sinistra . Come giustamente sostiene oggi Giovanna Vitale, Conte appare vecchio. Ha perso la scommessa di pensare un PD ormai verso una deriva centrista Io: Sottovoce, se è questa la prospettiva, "il ritorno della sinistra" temo che il potenziale che sta dietro questo movimento si esaurirà in breve tempo. Questo senza nulla togliere ai valori e all'importanza della sinistra. Sono monotono, lo so, ma sull'argomento invito di nuovo a rileggere Langer. Franco Gallerini : Non ho mai pensato ad un ritorno della sinistra novecentesca bensì ad una sinistra capace di affrontare le sfide della contemporaneità. Le divisioni di classe non sono quelle ottocentesche ma non per questo è scomparso il super sfruttamento e tanto meno le diseguaglianze. Anzi è aumentato. Qui si tratta di combattere la globalizzazione così come si è realizzata e saper guardare alle nuove forme di sfruttamento mondiale. Qualcuno ha osservato che in Africa viene riconosciuto a quei paesi l’1% dei guadagni. Siamo disponibili a portare questo livello al 20-30%? Le forme di schiavismo nella raccolta dei pomodori in molte aree del nostro paese: abbiamo tenuto troppo a lungo lo sguardo basso. E molto altro potremmo dire della riduzione delle tutele in edilizia, sul sistema degli appalti della pubblica amministrazione. Oggi questi elementi che sono in continuità con le battaglie della classe operaia nel 900 , devono essere ampliati con una rigorosa battaglia per la difesa dell'ambiente (io direi per un nuovo rapporto con l'ambiente nella sua interezza, animali compresi). Come senza incertezza dobbiamo spingere sui diritti civili. Sì, una nuova cultura della sinistra Io: Tutto giusto, ma credo occorra fare uno sforzo ulteriore. Sia chiaro che parlo per me e solo per me. Elly Schlein è sulla tua (vostra) lunghezza d’onda. Parla esplicitamente di fare la sinistra (ed è questo che spaventa i “moderati” del PD) e di una forza “progressista, femminista, ecologista”. Io le ho sempre detto che “progressista ed ecologista” è un ossimoro. Tu dici: “si tratta di combattere la globalizzazione come si è realizzata”. Ok, d’accordo. Ma come la combatti la globalizzazione? Cosa vuol dire, praticamente “una rigorosa battaglia per l’ambiente (animali compresi)”? Come “combatti” il potere delle multinazionali, dei grandi capitali che si muovono indisturbati a livello globale, con le politiche nazionali? Io credo che quel conflitto lo abbiamo perso e non abbiamo grandi possibilità senza una reale evoluzione delle istituzioni democratiche a livello europeo e mondiale. Di continuità con le “battaglie” della classe operaia del ‘900 c’è la consapevolezza dell’ingiustizia e dei disastri che il capitalismo produce, ma già parlare solo di “battaglia”, a mio avviso, appartiene alla sinistra novecentesca (logica del conflitto) quando i cambiamenti epocali in corso impongono quanto meno di affiancarle altre forme di trasformazione sociale (lenta costruzione, buone pratiche, costruzione di realtà positive replicabili per empatia). Semplificando molto: se nella fase dello “sviluppo” la competizione ed il conflitto capitale/lavoro sono stati centrali, nella fase della “sostenibilità” sarà indispensabile saper governare la complessità e favorire la cooperazione tra i vari soggetti. Semplifico ulteriormente. Serge Latouche dice giustamente che il primo passo da fare è “decolonizzare l’immaginario”. Allora proviamo a sostituire almeno un’immagine che ci ha accompagnato negli ultimi due secoli. Abbiamo tutti interiorizzato il nostro modello di sviluppo ed economico come una locomotiva, un treno lanciato verso le magnifiche sorti del futuro. C’è un passato più o meno buio alle spalle ed una storia di progresso verso il più e il meglio che ci attende. È talmente interiorizzata questa immagine, che ogni volta che si presenta una crisi, lungi dal considerarla un campanello di allarme, viene letta come un tunnel. Quante volte abbiamo sentito i nostri governanti rassicurarci: la crisi non è alle spalle, ma “si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel”. È un’immagine interiorizzata sia dalla destra che dalla sinistra. Per quest’ultima il problema è chi guida la locomotiva, e, giustamente, come distribuire le risorse a tutti i passeggeri del treno. Ma l’immagine non può più essere questa. La situazione è più complessa. Da mezzo secolo almeno è iniziata e si è sempre più diffusa una nuova consapevolezza che ha a che vedere con la fragilità del pianeta che ci ospita (tutti: proletari e capitalisti, uomini e donne, bianchi e neri ecc. ecc.) e delle ferite inferte dal nostro modello di sviluppo al delicato equilibrio ecologico. Il treno non basta più a descrivere questa situazione. È molto più attinente l’immagine di una nave con una falla su un fianco che imbarca acqua. Forse è meno allettante, può risultare più tragica, ma questo è. Il livello di tragicità dipende dal tempo che impiegheremo a prendere consapevolezza della situazione. C’è chi dice che sia già troppo tardi e chi nega l’evidenza. Non voglio fare il catastrofista e nemmeno l’ottimista cieco. Il fatto è che occorre rallentare la marcia della nave, gettare in mare l’acqua imbarcata e riparare la falla. Se nel treno lo scontro tra sfruttati e sfruttatori ha una sua logica, nella nave in avaria non basta più. Possiamo continuare a menarci, caleremo a picco tutti. Occorre passarsi i secchi, gettare via l’acqua imbarcata e riparare la falla. Scriveva Langer nel 1985: “Oggi la crisi, anzi la mancanza di ogni grande progetto a sinistra e la perdita pressoché completa di legittimazione dell'utopia socialista non favorisce certo la prospettiva di una nuova aggregazione imperniata sulla sinistra, anche se la decadenza e la corruzione del "capitalismo realizzato" può contribuire a determinare certi effimeri successi elettorali (...) In altra occasione mi è capitato di paragonare il rapporto tra il "verde" ed il "rosso" (termini semplificativi, ovviamente) al rapporto che i cristiani vedono tra il Nuovo e l'Antico testamento, tra cristianesimo ed ebraismo. Anche ai primi cristiani, consapevoli di essere portatori di una carica innovativa radicale, qualcuno dalle loro stesse file chiedeva di vestire i panni della legge d'Israele e di rispettare la tradizione dei suoi profeti, e di situare la nuova predicazione sostanzialmente all'interno del mondo ebraico, pretendendo dai nuovi adepti (pagani) del Vangelo anche la circoncisione e la frequentazione del codice israelitico. "Non si può essere cristiani senza essere ebrei", decretavano questi custodi della tradizione. Se il cristianesimo non avesse superato quell'angusta impostazione, si sarebbe ridotto a diventare uno dei filoni (forse una delle sette) della tradizione israelita e ne avrebbe probabilmente seguito le sorti, compresa la distruzione del tempio e la diaspora. Accettando invece di operare in campo aperto, tra i gentili, senza pretenderne la conversione all'ebraismo, il cristianesimo - pur non buttando alle ortiche il Vecchio testamento ed i suoi insegnamenti - è diventato quel fermento (positivo o negativo che lo si giudichi) epocale che si sa.” Se la conversione ecologica, il femminismo, la nonviolenza, la convivenza, i diritti civili ed i diritti umani rimarranno rinchiuse/i nel recinto della sinistra non si darà agibilità politica a quel fermento epocale già in atto in tutto il pianeta. Solo senza pretendere il passaggio obbligato a sinistra di tutto questo movimento –pur non buttando alle ortiche la storia della sinistra- potremo dare vita ad una nuova stagione politica. Ok. Troppe chiacchiere, scusate. Praticamente cosa significa? Conosco cattolici del PD preoccupati di una caratterizzazione troppo di sinistra che sostengono il movimento dell'Economia di comunione , fondato da Chiara Lubich. Io credo che questo movimento, questa impostazione, stia a pieno titolo in ciò che occorre per costruire un futuro sostenibile. Possiamo perderlo per l’etichetta “sinistra”? Lo stesso si può dire per la filosofia di impresa di Brunello Cucinelli ecc. ecc. Potrei continuare a lungo, ma ho già esagerato. Scusate. Franco Gallerini (6/3/2023): Come combatti la globalizzazione? C’è una sola via: Stati Uniti d’Europa. E’ l’unica istituzione che sia in grado di incidere a livello mondiale. Ma l’Europa federale dovrebbe essere accompagnata da una coerente politica che sia in grado di cambiare la politica estera, a partire da un diverso rapporto con l’Africa che favorisca la valorizzazione delle risorse umane e naturali; dunque un diverso approccio da quello attuale fondato sulla rapina e il supersfruttamento. Rispetto al passato coloniale sono diversi gli “aspetti istituzionali”, non più colonie, ma la logica di rapina non è cambiata. Non cito a caso l’Africa perché è l’ultimo continente che non ha intrapreso, in modo significativo, il nostro modello di sviluppo; al contempo ormai sono chiare le tendenze e le nuove tensioni che emergono in quel continente: esplosione demografica, accentuazione dei problemi ambientali (siccità), l’approccio di rapina ambientale (ed economica) della Cina, accentuazione delle diversità economiche e sociali dove, accanto ad isole di benessere sono largamente diffuse vere e proprie tragiche situazioni economiche ambientali e sociali: Sudan, Mali, Congo, buona parte della Nigeria, ecc. L’Europa federale serve per fronteggiare le distorsioni dello sviluppo asiatico (Cina e India), stabilire un diverso rapporto con gli USA anche per stimolare una diversa politica ambientale. Ma l’Europa Federale ancora non c’è e, soprattutto, è ancora lontana: : a) pesa la presenza degli stati dell’est che storicamente sono portatori anche di una cultura di governo molto diversa da quella occidentale; non tanto perché appartenevano al Patto di Varsavia (in fondo quei quasi 50 anni di influenza sovietica sono una parentesi breve), bensì per ragioni storiche che affondano le radici addirittura nell’Impero bizantino: chiesa gestita dal potere politico, economia statalista, compressione delle individualità. b) Pesano le logiche nazionaliste tutt’ora ampiamente presenti nell’Europa occidentale c) Pesa il presupposto di fondo su cui è stata fondata prima la CEE e ora l’Unione Europea, cioè l’asse Germania – Francia in continuità con lo spostamento del centro politico ed economico in quell’area, già affermatosi nel corso dell’800 – 900. Questo a scapito dell’aera mediterranea, diventata “la periferia” d’Europa; d) Pesa una sinistra europea che è, essa stessa, interna a questa logica nazionalista di Europa: lo è la sinistra francese, lo sono i socialdemocratici tedeschi, ma anche buona parte dei verdi tedeschi. Quindi il quadro è tutt’altro che semplice, si può dire: sconfortante. Ma noi siamo abituati a confrontarsi con situazioni “complicate”. Lo sono stati gli operai che hanno combattuto con asprezza contro il super sfruttamento, quando niente poteva far pensare che le cose potessero cambiare; lo sono gli stessi ambientalisti che si sono trovati di fronte un sistema che sembra immodificabile a dispetto di ogni osservazione di buon senso che può essere fatta. Tu scrivi: “già parlare solo di “battaglia”, a mio avviso, appartiene alla sinistra novecentesca (logica del conflitto) quando i cambiamenti epocali in corso impongono quanto meno di affiancarle altre forme di trasformazione sociale (lenta costruzione, buone pratiche, costruzione di realtà positive replicabili per empatia).” Diversamente da te, io credo che il focus della risposta alle immense difficoltà che ci troviamo di fronte non sia quella di “ripiegare” su “lenta costruzione, buone pratiche, costruzione di realtà positive replicabili per empatia”. La risposta sta nella capacità di stare all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte. Questo sarà possibile se saremo in grado di proporre una linea politica chiara in grado di parlare alla maggioranza della popolazione, facendo leva anche sulle nuove sensibilità che si manifestano in modo importante. In altre parole non dobbiamo avere reticenze sulla conversione ecologica: nuove fonti di energia che oggi sono possibili (idrogeno, elettrificazione, energie rinnovabili) e in futuro, fusione nucleare. Intanto diciamo con chiarezza che la battuta di arresto in Europa sulla produzione di auto elettriche non va bene! Diciamo che l’Italia deve adottare una politica di efficientamento energetico degli edifici civili e industriali. Proponiamo innovazione tecnologica nelle imprese per l’efficientamento energetico, promuoviamo le imprese veramente innovative. Lavoriamo per una vera mobilità sostenibile (riduzione del parco auto, uso di bici, treni, camion e bus ad idrogeno). Basta al consumo di suolo. Predisponiamo un piano nazionale per la messa in sicurezza del territorio. Facciamo un piano per un uso più consapevole dell’acqua e per la sua conservazione. Oggi tutti dicono che siamo per uno sviluppo sostenibile. Passano per sostenibili modelli di consumo, in realtà, in continuità con vecchie logiche di sviluppo. In questi giorni c’è la pubblicità di “posatini” di carta promossi da Regina. C’è un uomo (non donna, almeno il pubblicitario mette al riparo la ditta da essere accusata di aderire al modello della donna relegata nel ruolo di casalinga) che asciuga e deve mettere lo straccio in lavatrice e poi asciugare di nuovo e rimetterlo in lavatrice: spreco di tempo e di energia. La soluzione è semplice: usa stracci di carta “usa e getta”. Appunto si spaccia per ecologista e politicamente corretto (pure femminista) una proposta di consumo che in realtà è tutta dentro la vecchia logica consumistica e di rapina dell’ambiente. In sostanza proprio una coerente politica di conversione ecologica evidenzia i diversi interessi che attraversano la società e l’economia. Sarà novecentesco usare il termine battaglia, va bene, usiamo altri termini! Ma i conflitti ci sono. Non stiamo tutti dalla stessa parte. Non tutti vogliamo la stessa cosa. Una certa economia privilegia certe scelte, un’altra economia chiede differenti politiche. Appena proponi qualcosa di diverso si alzano voci contrarie: elettrificazione delle auto genera disoccupazione! Perché le auto sono più semplici e richiedono meno componenti (non c’è più il motore termico con l’iniezione elettronica, non c’è la frizione, ecc.) e tutti quelli che ora costruiscono questi componenti che fine fanno? E il PIL? Se si parla di mobilità sostenibile si sollevano contro coloro che si oppongono alla riduzione delle auto in città. Anche all’interno del PD in realtà non siamo tutti d’accordo. Lo abbiamo visto, nel nostro piccolo, anche in Comune. La nostra società si fonda sui conflitti (che piaccia o no). Conflitti che non assumono necessariamente le modalità del conflitto di classe otto-novecentesco per il semplice fatto che oggi c’è una polverizzazione del lavoro. Ma i conflitti si manifestano anche nella prospettiva di una trasformazione ecologista. Hai ragione quando sostieni che bisogna superare l’immagine di uno sviluppo basato sulla crescita per la crescita in cui anche la sinistra novecentesca si ritrovava. Oggi lo sviluppo non è tale se non è compatibile con l’ambiente! Da questo punto di vista io sono convinto che è insufficiente rimanere all’interno dello schema “sviluppo sostenibile”, ma serve mettere in discussione alcune certezze che hanno caratterizzato da sempre la comunità umana. Mi riferisco al fatto che l’homo sapiens ha identificato la sua evoluzione con la costruzione di ambienti artificiali, giustificando la sua esistenza e la sua azione con una morale fondata sulla diversità e la “specialità” dell’uomo rispetto alle altre specie animali. Insomma, separarsi dall’ambiente che lo circonda è stata vista come l’unico modo per garantire la propria sopravvivenza. È evidente che la costruzione di ambienti artificiali sia stata una risposta efficace per garantire l’esistenza stessa. Oggi però possiamo valutare consapevolmente i suoi effetti collaterali. Lo possiamo fare perché sono evidenti a tutti gli effetti negativi della sovrappopolazione, dei consumi sfrenati, ecc. Il punto allora non è più tanto quello di difendere l’ambiente, ma di far crescere una nuova idea di relazione con l’ambiente. Per questo ritengo insufficiente parlare di difesa dell’ambiente: dobbiamo costruire un nuovo rapporto con l’ambiente nella consapevolezza che l’uomo non è il centro del mondo, ma è parte del mondo, al pari di altre specie animali. Significa che bisogna superare l’idea di misurare le altre specie in base al nostro metro di giudizio e al nostro modo di pensare. Lasciando perdere i creazionisti, nella scienza è da tempo che è stata superata l’idea della evoluzione delle specie come evoluzione dal semplice al complesso e dove l’uomo sta al vertice. Oggi si parla di diverse strade di evoluzione dove non necessariamente una specie sta più in alto dell’altra. Questo apre un problema per noi: riconoscere che gli “altri” non sono oggetti di cui possiamo disporne come vogliamo, riconoscere che hanno “proprie specificità” e che per questo richiedono rispetto. La proposta vegana è tutt’altro che da demonizzare o considerarla ridicola. Solleva la necessità di immaginare e praticare una nuova relazione con il mondo animale e sottintende una forte idea di stili di vita compatibili con un uso più razionale delle risorse ambientali. Ma come trasformiamo questa “utopia” in una proposta politica che vada in quella direzione? Per esempio mettendo in discussione l’industrializzazione dell’agricoltura e degli allevamenti. Già oggi in Olanda, un governo di destra, sta chiudendo gli allevamenti intensivi. Questo comporterà un aumento del costo della carne e a sua volta una riduzione del consumo di carne. Gli effetti positivi saranno enormemente molti di più di quelli “negativi”: riduzione del cancro, miglioramento generale della salute, riduzione delle emissioni, ecc. In pratica potremmo promuovere la dieta mediterranea dove si mangia prevalentemente frutta, verdura, cereali e una volta alla settimana carne, alimenti di origine animale e pesce Questo ha anche un altro risvolto: può maturare una nuova consapevolezza che anche un bove, una pecora, un pollo meritano rispetto. Almeno il benessere animale può diventare un obiettivo possibile. Sinistra Conflitti comunità: Sinistra/Destra sono parole che nascono con l’Assemblea della Pallacorda dove la disposizione in aula identificava diverse prospettive politiche. Nel corso del tempo, chi sedeva nei Parlamenti a sinistra erano i progressisti e a destra i conservatori. E questo lo è anche oggi in TUTTI i paesi democratici Chi ancora oggi ritiene che in politica non esiste più sinistra e destra sbaglia e di grosso. In genere lo sostiene chi professa il pensiero unico e chi, in modo strumentale, vuole far passare scelte smaccatamente di destra. E’ evidente che l’ambientalismo non è riconducibile nel vecchio schema sinistra/destra intesa nel senso novecentesco. Sopra ho cercato di spiegare che oggi la sinistra non può più essere quella del novecento. Non per questo non esistono più proposte di destra e proposte di sinistra: coloro che non vogliono una transizione ecologica stanno generalmente a destra; coloro che sostengono la precarietà, il lavoro a qualunque condizione salariale, stanno in Parlamento, alla destra dei banchi del Governo (in Italia, Francia, Germania, GB, USA, ecc.). Ecco io sono di sinistra e parlo della sinistra. Parlo della sinistra e non del PD perché il tema di una nuova sinistra riguarda anche chi non è del PD. La comunità non è un insieme indistinto di opinioni, ma è attraversata da opinioni diverse che generano conflitti (civili, spero). Uno dei grandi limiti del PD è stato quello che spesso non ha riconosciuto i conflitti, travolto dalla volontà governista. E’ stato e, almeno spero, non lo è più. Una delle novità di Elly sta proprio in questo: nel dire con chiarezza da che parte si sta nel conflitto sociale ed economico e nel conflitto per una nuova idea di sviluppo (ambientalista). Io sono convinto che anche i cattolici progressisti che sono nel PD si sentiranno a casa loro perché i punti di incontro sono tantissimi con chi ha avuto storie politiche diverse. Del resto lo ha detto bene Elly a Che Tempo Che Fa: sottoscrivo le parole del Papa su ambiente, sviluppo, immigrazione. Allora la scommessa è proprio questa: mettere insieme le anime socialista, cattolica progressista e ambientalista. Ma nel farlo non dobbiamo guardare indietro, pensando che queste diverse culture siano immutabili. Dobbiamo misurarle e innovarle con le esigenze di oggi e guardando al futuro. Io: 7.3.23 Provo ad essere breve. Condivido in toto la prima parte compreso “Ma l’Europa Federale ancora non c’è e, soprattutto, è ancora lontana”. Eppure, come sostieni, sarebbe l’Europa Federale, il primo gradino (poi dovremmo ragionare di democratizzazione dell’ONU) per arginare l’aggressione dei grandi capitali. Io non ho detto di ripiegare su lenta costruzione ecc., ho detto “quanto meno di affiancarle”. E lo dico proprio “per stare all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte” e “parlare alla maggioranza della popolazione”. Stefano Mancuso, l’altra sera all’accabì, alla presentazione del suo libro “La tribù degli alberi”, disse che nel mondo vegetale le situazioni di crisi e di stress vengono affrontate con una strategia di cooperazione. E noi? Non tutta l’umanità ha costruito la sua evoluzione separandosi dall’ambiente che ci circonda, le popolazioni indigene hanno molto da insegnarci in proposito e credo che i moderni studi di antropologia potrebbero essere di enorme aiuto alla costruzione di un futuro sostenibile. Le popolazioni indigene dell’amazonia sono di destra o di sinistra? Hai ragione la distinzione tra destra e sinistra risale alla rivoluzione francese, siamo nel 1789 e 15 anni dopo viene messa in moto la prima locomotiva a vapore. Non è un caso. Nascono insieme geografie politiche e quello che sarà lo sviluppo industriale. Siamo nella prima immagine del commento precedente. Ti faccio notare che, più o meno consapevolmente, con il tuo tentativo di ricondurre tutto questo cambiamento epocale ad una “nuova sinistra” (non abbiamo già dato una quarantina d’anni fa?) stai esattamente facendo quello che Langer evidenziava col suo paragone: ricondurre il cristianesimo nell’ambito dell’ebraismo. Ad onore e merito del PD vi è senz’altro il tentativo di aver provato a portare a sintesi le due culture storiche del ‘900, ma non ha compreso ed interpretato l’ambito, la nuova cultura intorno a cui si potevano incontrare. Lungi dall’essere stati i temi della giustizia ecologica e sociale (oggi ben espressi da Papa Francesco) il tutto si è ridotto al tentativo di ben governare quello che il neoliberismo, comunemente accettato, lasciava governare. Detto questo, io sono qui e ci resto a prescindere da discussioni su nomi ecc. Mi sembra sia stato fatto un bel balzo già nell’avere segretaria una donna che si dichiara femminista ed ecologista e leggere nei documenti, anche se in modo confuso, di come affrontare la transizione ecologica. Prima l’ordine era rovesciato: sviluppo, crescita, lavoro, impresa ecc. ecc. ecc. e alla fine sport, cultura, donne, ambiente e pace. Dai che ce la facciamo 😉 Franco Gallerini: Comunque, a prescindere dalle opinioni, finalmente si discute di cose importanti. Anche questo è un effetto positivo di questa nuova stagione aperta da Elly. Ed è bello che ci siano accentuazioni diverse, ognuna delle quali è portatrice di valide argomentazioni. Il tema è rifondare il PD su valori e politiche diverse dal passato. Se ti ricordi al Monk Elly fu chiarissima: basta con le politiche neoliberiste. E questo dice molto sulla direzione che dovrebbero assumere la politica economica, ambientale, ecc. A proposito dei movimenti ambientalisti, non c'è dubbio che hanno anticipato, anche di tanto, le cose che ci stiamo dicendo. Giustamente fai riferimento a Langer e non ad altri esponenti perché, soprattutto nelle fasi iniziali, c'erano varie e diverse tendenze. Più tardi si è formata un'idea più matura di trasformazione dello sviluppo della società e in grado di diventare una proposta politica compiuta. Buon lavoro politico nel PD! Io: Grazie, se il PD regge botta 😉  

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