Mangiarsi le mani o costruire, finalmente, un soggetto politico adeguato ai tempi che stiamo vivendo?

Adriano Sofri, all'indomani del trionfo dei verdi tedeschi, scrive sulla sua pagina di facebook: ‎(E i verdi italiani si mangiano le mani).
Questa sua battuta, pur tra parentesi, merita una risposta articolata. In molti non si stanno mangiando le mani ma stanno lavorando per vedere di cambiare l'anomalia italiana voluta anche da chi ha preso una vera e propria cantonata ai tempi della costruzione del PD.

Allora(2007) risposi ad Adriano così (è un po' datata, ma la sostanza non è mutata):

Caro Adriano Sofri,
(mio personale e segreto maestro, assunto a tale ruolo grazie alla sua profonda solitudine nella quale mi rispecchio e riconosco) le scrivo questa lettera per interloquire a proposito del suo articolo su Repubblica di Domenica 22 Aprile e per rivolgerle un appello disperato.

Premetto che saluto con favore la nascita del Partito Democratico per molti dei motivi da lei descritti (come saluto con favore una ricomposizione della così detta sinistra radicale e tutto ciò che in questo momento si sta muovendo verso una semplificazione del quadro partitico), ma le dico anche che sinceramente l’evento non mi coinvolge in prima persona.
Il PD prende forma con imperdonabile ritardo e forse per questo già vecchio se, come da lei segnalato, l’idea era già nata nel 1796.
Il minimo comun denominatore che lei evidenzia quale caratteristica fondante e aggregante del PD si può riassumere in due punti: un obiettivo di fondo, “il buon governo”, ed una comune appartenenza, “la simpatia umana”. Un po’ poco, forse, per capire la differenza, per esempio, da un eventuale nascente Partito Repubblicano od altro partito o federazione di centro-destra.
Lei, a dire il vero, aggiunge il “soccorso alla terra” e la “solidarietà con una terra minacciata”, ma è solo lei (anche Marcello Veneziani la invoca da destra), mi perdoni, che mette questo tema tra le ragioni fondanti del PD.
Si dà il caso, invece, che questo tema sia la ragione fondante davvero dei Verdi da ormai venti anni.
Non mi sono presentato, pongo rimedio: sono assessore all’Energia, Agenda 21, Pace e Cooperazione Internazionale della Provincia di Siena per i Verdi.
Ormai da tempo in occasione di dibattiti pubblici o per la stesura di documenti politici mi permetto di utilizzare una sua immagine, quella che paragona la terra ad una nave in avaria (aspirante Titanic). Poi sviluppo un po’ i concetti a modo mio. Se la situazione è questa (e la situazione è questa) saltano tutte le priorità, i paradigmi che erano validi fino all’attimo prima della collisione. Se prima era importante la rotta o la velocità che teneva la nave (misurata in nodi all’ora, ma la falla è stata aperta da un chiodo) adesso diventa di prioritaria importanza riparare la falla e vuotare lo scafo dall’acqua imbarcata. Non è più il profitto, la crescita economica, il PIL, il metro con cui valutare “un buon governo”, ma la sua capacità di riparare, di avere cura, di prendersi cura della nave nel suo complesso. E l’atteggiamento dell’equipaggio non può che, necessariamente, cambiare radicalmente. Non è più concesso continuare “con la mano destra a menare botte da orbi”, le mani occorrono libere entrambe per riparare la falla e passare i secchi al proprio prossimo per farli arrivare il prima possibile sul ponte e rovesciare l’acqua raccolta in mare.
Questo atteggiamento si chiama solidarietà (fraternità) e, per quanto questa semplificazione so a lei non piacere, è questo sostantivo femminile, è questa terza parola dimenticata della Rivoluzione Francese, l’unico possibile valore fondante di questo inizio millennio. Pensi un po’ al secolo scorso: cosa non è stato fatto in nome della libertà su un fronte ed in nome dell’uguaglianza sull’altro. Poi venne un papa polacco e la sua Polonia riuscì a far crollare il muro che divideva le due parole con la cenerentola dimenticata: “Solidarnosc”. Non ci può essere riparazione, cura, senza fraternità (poi se vogliamo cercare una parola di genere femminile –sorellanza?- ben venga, rende ancor più l’idea di cosa c’è bisogno). Troppo buonista? Troppo religioseggiante? Può darsi. Ma non vedo alternative. E poi si ricorda la “conversione ecologica” di cui parlava Langer? Anche la parola conversione è un po’ releligioseggiante, ma averla ridotta a riconversione di tipo produttivo o industriale è un altro demerito di questo piccolo partito verde.

Spero comprenda, non è mia intenzione difendere “il 75% di aria fritta e personalismo” di cui sono costituiti i verdi come gli altri piccoli partiti. Conosco fin troppo bene questo aspetto ed è proprio per questo che le rivolgerò un appello alla fine di questa lettera.
Il fatto è un altro. Quando ho letto nel suo articolo che “le opzioni peculiari su singoli obiettivi o su visioni di insieme della società, pessimistiche o utopiche, rivoluzionarie o prudenti, hanno altri terreni su cui svolgersi” ho avuto un flash back e mi sono tornate alla mente parole di Alexander Langer che avevo utilizzato più di dieci anni or sono: “bisognerà infatti rendersi conto che la politica si laicizza e spoetizza parecchio con le riforme in corso, e che i cavalieri delle idee dovranno cercare altrove le nobili cause a cui dedicare l’anima”. Di lì a poco lui decise di fare il passo che sappiamo (con un nodo ci ha dato un taglio, spiazzando anche la sua affascinante classificazione). Io presi quelle parole sul serio e forse sentendomi indebitamente un “cavaliere delle idee” decisi di abbandonare la politica attiva per mettere su proprio una piccola associazione “Alexander Langer”. Anche l’associazione ha avuto la sua fine, quando mi sono accorto che poggiava troppo sull’impegno del singolo ed ho ripreso in considerazione l’impegno politico. Era il periodo della nuova fase costituente con Grazia Francescato. Non la voglio far lunga. Sta il fatto che oggi, nel bene e nel male, questo partitino ha portato avanti i suoi temi fondanti e che ciò che come cassandre inascoltate dicevamo venti anni fa oggi ha, purtroppo, un riscontro tangibile. Ma soprattutto, vuoi per casualità o un minimo di merito, oggi ci ritroviamo con responsabilità di governo ai vari livelli proprio sui nostri temi fondanti. E, le posso assicurare, non è proprio ininfluente, in termini di contenuti, di obiettivi raggiunti, di capacità di governo, la presenza di un verde in una giunta o in un governo sui temi riguardanti l’ambiente e, soprattutto, l’energia. Così siamo in questa favorevole condizione di avere proprio noi, i Verdi, gli strumenti in mano, i secchi, la saldatrice, per dare il nostro piccolo contributo a riparare la falla e vuotare lo scafo.
Ma, come dice lei, anche noi non sfuggiamo alla condanna dei piccoli partiti e siamo costituti al 75% di aria fritta e personalismo (non proprio di apparato e clientele perché non siamo stati capaci in oltre venti anni di costruire nessun apparato, ma anche questo è un limite, non certo un vanto).
Così ci troviamo a livello nazionale e regionale una dirigenza che in risposta al Partito Democratico non vede niente di meglio che veleggiare verso sinistre plurali europee e quant’altro e, sempre a livello regionale, all’ennesimo scontro feroce tra gruppo regionale e assessorato. Lei conosce Fabio Roggiolani, le ha fatto una bellissima prefazione agli atti dei convegni sulle energie rinnovabili promossi dal gruppo consiliare regionale e dall’associazione Ecquologia. Conoscerà anche Marino Artusa, non fosse altro per l’interramento dell’elettrodotto che passa dalle sue parti, a Tavernuzze. Sono due ottimi elementi con energia da vendere. Peccato ne usino un po’ troppa per attaccarsi a vicenda. Siamo al punto che il partito ha chiesto ad Artusa di lasciare e a Martini di riconfermarci le deleghe Ambiente ed Energia. E’ prevedibile uno sfascio notevole e una fuoriuscita di molti, ormai logori e schifati.
A me dispiace soprattutto per quello che abbiamo fatto a livello locale. La “Riforma protestante mancata” basata sul volontariato noi l’abbiamo fatta davvero. Venga, se può, al nostro incontro del 19 Maggio nella nuova sede a Siena. Vedrà un gruppo di volontari della politica frastornati per ciò che passa loro sopra la testa. Vede, l’idea di riparare la falla (con tutto quel che ne consegue in termini di visione del mondo, di rapporto con la terra, agricoltura, cultura, nuove tecnologie, economia…) ha una capacità di coinvolgimento ben più ampia del minimo comun denominatore del PD. Riesce ancora a parlare ai giovani e ai cavalieri delle idee in prepensionamento. Questo non significa non aver acquisito una visione pragmatica della politica, una capacità di governo, di mediazione, anzi. Riusciamo, almeno un po’, a portare i nostri sogni nei governi in cui siamo.
Forse è presunzione, ma temo che nel disfacimento e ricomposizione del panorama partitico attuale, il sale della terra, il poco lievito necessario, si nasconda qui in questo piccolo ed inadeguato partito.
Non ritengo una buona mossa romperne il fragile involucro e disseminare il contenuto in mille rivoli casuali.

Prima della proposta indecente ho da chiederle un ulteriore favore. Con questa lettera le arriverà una copia del libro pubblicato da questa Provincia sulla questione “Donne e integralismo islamico” curato dalla associazione IRIDE, che parla delle donne della Resistenza Iraniana. La prego di leggerlo. So quanto è attento ai temi di politica internazionale e al ruolo delle donne in generale (ma da chi possiamo imparare a prendere cura e riparare, e riannodare i fili, e lasciare un attimo da parte la smania di conquista, di progresso, di forza?). E’ lei che mi ha spiegato come la guerra in corso tra islamismo integralista e resto del mondo abbia come posta in gioco il corpo della donna. Forse lei non sa che esiste un movimento di resistenza al regime iraniano, musulmano, che ha passato l’intera leadership alle donne. Sono i Mojahedin del popolo. E’ una realtà poco conosciuta in modo approfondito. I più si fermano alle apparenze, alla controinformazione messa in giro dal regime, ad eventuali errori tattici di gioventù. Ma nessuno che si confronti con ciò che questa resistenza è e dice oggi. In certi momenti di disperazione e solitudine, nel non comprendere come comuni amici si fermassero all’etichetta di “organizzazione terroristica” mercanteggiata dal regime con la comunità europea, ho rivissuto l’imbarazzo e la fatica di quando al banchino di “Liberi Liberi” veniva un caro amico e mi diceva:- ma se li hanno condannati in tre gradi di giudizio…-
Conto su una sua parola, anche se so bene che non basta a cambiare la realtà. La sua voce per la Cecenia rimbomba come monito, ma tutto procede a precipizio. Eppure per la resistenza iraniana sarebbe un po’ diverso. Ci sono milioni di profughi all’estero e un numero non quantificabile in Iran che guardano al Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana e alla sua leader Maryam Rajavi con particolare speranza. Occorrerebbe un po’ più voce da parte dei così detti combattenti per i diritti umani.

Ma veniamo alla proposta indecente. I Verdi hanno il grande limite di non essere un vero e proprio partito. Paghiamo a caro prezzo un errore di gioventù. Eravamo anime candide e belle, i partiti li vedevamo come cosa sporca, eravamo movimentisti, affascinati dal “solve et coagula” di Alex e da un forte federalismo locale (ben prima della lega). Bene, questo ha permesso che andassero avanti abili galleggianti ma che non si selezionasse mai una adeguata e preparata classe politica. Come non ci è mai appartenuta, all’inizio, l’idea di una leadership forte. Oggi abbiamo la possibilità di mettere radici. Un partito Verde serio e credibile può aspirare senza troppa utopia a superare la soglia di un ipotetico sbarramento del 4%. So che “serio e credibile” sono parole difficilmente associabili ai verdi. Ma venga a vedere un po’, dai livelli locali al ministero, dall’assessorato regionale a quelli provinciali e comunali. Può anche darsi che ancora non si sia in grado di raggiungere la fatidica soglia. Ebbene ben venga la sua “Riforma mancata”, stiamo fermi un giro, costruiamo il partito sul volontariato, magari prestiamo le nostre migliori risorse ai vari schieramenti (chi si sente più vicino al PD si candidi con il PD, chi con la Sinistra Plurale faccia altrettanto), recuperiamo l’idea di Pannella del partito transpartitico. Disseminiamoci non a caso, ma con cognizione di causa. Proviamo davvero ad essere sale e lievito. Ma non distruggiamo la traballante casa, dalle altre parti l’ecologia è una stampella all’economia, la sostenibilità ecologica viene ben dopo la ripresa e la crescita. E quando economia ed ecologia entrano in conflitto è ancora la seconda a soccombere. I concetti di cura, riparazione, gratuità non appartengono ancora alle magnifiche sorti del futuro.

Caro Adriano, venga e ci prenda per mano, ci traghetti fuori da queste secche. Con lei alla guida la credibilità aumenterebbe notevolmente.
Sarebbe un aiuto al mondo, al paese, al Partito Democratico. Perché, vede, se mai verrà ammainata la bandiera verde, vuoi per il PD, vuoi per la sinistra plurale o quel che sarà, ci sarà sempre qualcuno pronto a riprenderla ed alzarla anche a sproposito. Gli ultimi anni di storia planetaria sono stati fortemente influenzati, e non in modo positivo, da una candidatura verde. Non ci fosse stato Nader alle penultime presidenziali l’era Bush junior, con tutto ciò che ha comportato, non sarebbe mai iniziata.

Se lei non accetterà questo mio delirio, se, come tutto lascia presagire, i verdi si frantumeranno tra PD e Sinistra plurale, unita, europea, e quant’altro, me ne tornerò felicemente alle mie vigne, forse potrei anche ripensare a rimettere in funzione l’Associazione Langer ed essere nuovamente più presente con gli amici di Bolzano (Fondazione) e di Forlì (Una città). Lei pensa che sarebbe giusto così?

Con osservanza
Pietro Del Zanna

Commenti

  1. Pietro, Mi convince molto la tua passione e la tua concretezza. Sei stato un Verde "operaio", attento ai risultati e ciò ti fà onore. Oggi è il tempo di allargare gli orizzonti. La falla da riparare si è nel frattempo ingrandita e la barca è mezza affondata. I Verdi, così come siamo stati abituati a conoscerli, non bastano più. L'incontro tra i fautori del nuovo ecologismo, con gli operai che potranno risollevare la testa solo aiutati da una necessaria e non più rinviabile conversione ecologica dell'economia e del sistema dei trasporti, con gli studenti che vogliono ritornare a desiderare e scendono in piazza chiedendo che non gli venga rubato il futuro, con le realtà civiche che in maniera virtuosa dimostrano che si può rendere più bella la vita dei cittadini, con le meravigliose potenzialità delle donne - l'altra metà del cielo -, l'incontro tra tutte queste meravigliose realtà può fare la differenza, può fare a meno degli attuali partiti costituiti (nessuno escluso) e dopo una lunga e faticosa traversata del deserto può traghettarci nella Terza Repubblica, resa ancora più necessaria dopo le due ultime giornate parlamentari e dopo il suicidio del vice-prefetto Saporito che hanno decretato la morte dell'attuale sistema politico/affaristico/clientelare e mafioso. Ce la faremo? Sono un uomo di Fede, credo che il Cambiamento potrà esserci solo se parte col cambiare noi stessi, continuo a cambiare giornalmente archiviando mie precedenti certezze e, allora, dico: Ce la faremo! Non so quanto ci vorrà, ma ce la faremo! Ciao, Pietro

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  2. Caro Pino, grazie! Condivido ogni virgola di ciò che dici. Il passaggio adesso è molto delicato. Come coinvolgere tutti i mondi che descrivi in un progetto ampio dove ognuno sia protagonista e non assorbito in un neo progetto verde? Riuscirci è responsabilità di tutti. L'appuntamento del 21-22 maggio sarà un bel test. Tu sapessi quant'è che dico "non so quanto ci vorrà, ma ce la faremo". Fosse arrivato il tempo... Ciao

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